Oggi esaminiamo una sentenza che tocca il tema dell’attribuzione dell’onere probatorio in caso di opposizione a decreto ingiuntivo.
Difatti, l’attore B.M. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, n. 15749/05 del 23/9/05 del Tribunale di Roma, r.g. 54526/05, ottenuto dal convenuto D.B.P. per il pagamento della complessiva somma di 180.759,91 euro, oltre interessi e spese, quale preteso credito per la vendita di nove quadri, come da scrittura privata del 27/2/01.
L’opponente B.M. asseriva che il predetto debito era estinto per compensazione a seguito dell’acquisto da parte dell’opposto D.B.P. nel 2000 di un dipinto, attribuito al Guercino, per il prezzo di L. 320.000.000, posto successivamente all’asta dall’opposto presso la casa Semenzato e che alla trattativa ed alla formalizzazione della vendita di detto dipinto aveva partecipato P.D. Tanto premesso parte attrice insisteva per la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Il decreto ingiuntivo è il provvedimento mediante il quale il giudice competente (che può essere sia il giudice di pace che il tribunale in composizione monocratica), entro trenta giorni dal ricorso presentato dalla parte creditrice, ordina alla parte debitrice di pagare una somma in denaro (o di consegnare la cosa o le cose richieste o, trattandosi di cose fungibili, la somma in denaro che il ricorrente è disposto ad accettare in luogo della prestazione in natura. Per dettagli è possibile vedere questa guida sul decreto ingiuntivo sul sito Dirittofacile.net. L’ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione o da una condizione, purché il ricorrente offra elementi idonei a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione), nel termine di quaranta giorni dall’emissione del decreto medesimo, avvisandola che, nello stesso termine, la parte debitrice può proporre opposizione al decreto ingiuntivo; in mancanza, questo diviene definitivo e costituisce titolo esecutivo, atto ad avviare la procedura di esecuzione forzata, qualora l’ordine di pagamento non venga effettuato (art. 645 del c.p.c.).
Secondo la giurisprudenza recente “oggetto del giudizio di opposizione non è tanto la valutazione di legittimità e di validità del decreto ingiuntivo opposto, quanto la fondatezza o meno della pretesa creditoria, originariamente azionata in via monitoria, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza” (Tribunale di Roma, sezione terza, sentenza del 10.9.2012).
Tuttavia, il creditore (che in fase di opposizione a decreto ingiuntivo diventa l’opposto-convenuto, anche se è attore sostanziale) è tenuto a provare solo il fondamento, negoziale o legale, del suo diritto e la scadenza del termine per adempiere, allegando all’atto di costituzione la prova scritta (polizze, promesse unilaterali per scrittura privata, ecc.) del credito, mentre il debitore (che in detta fase diventa l’opponente–attore) è tenuto a provare il fatto modificativo, impeditivo o estintivo dell’altrui pretesa. Di conseguenza, colui su cui incombe il maggior onere probatorio è il debitore-attore-opponente rispetto al creditore-convenuto-opposto e questo in perfetta linea con il processo ordinario, laddove grava sull’attore l’onere maggiore di provare il suo diritto. Oltre a ciò, bisogna considerare che tanto la ricognizione di debito quanto la promessa di pagamento, non essendo autonome fonti di obbligazioni, comportano sul piano processuale l’inversione dell’onere della prova circa la sussistenza della causa originaria, presumendosi l’esistenza del rapporto sottostante fino a prova contraria (art. 1988 c.c.).
Pertanto, il creditore (destinatario della promessa di pagamento) è dispensato dall’onere di provare la fondatezza del rapporto fondamentale e, in base alla sola promessa di pagamento, è legittimato a pretendere l’adempimento dell’intera obbligazione, nascente dal riconoscimento della stessa scrittura, mentre è onere del debitore provare o l’inesistenza o l’invalidità, originaria o sopravvenuta, di qualsivoglia rapporto obbligatorio sotteso alla dichiarazione medesima ovvero la sua estinzione (v. anche Cass. 18311/03; Cass. 4804/06).
Bisogna anche considerare, però, che il debitore-attore, che con l’opposizione al decreto instaura un procedimento di cognizione ordinario, si comporta rispetto al ricorso proposto dal creditore, per ottenere il decreto ingiuntivo, come un convenuto e, quindi, l’atto di citazione in opposizione ha natura sostanziale di comparsa di risposta. Detto atto, secondo la giurisprudenza recente, deve seguire le disposizioni dell’art. 167 c.p.c. e, quindi, il convenuto (l’opponente-debitore) ha l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte: pertanto, la non contestazione da parte di quest’ultimo del diritto suddetto costituisce un comportamento rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, il quale dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo dimostrato.
Ecco che, nel caso oggetto della sentenza in questione, l’eccezione di compensazione è di per sé implicita prova dell’esistenza del credito fatto valere in via monitoria, non avendo l’opponente contestato il credito nelle sue ragioni fondative, ma essendosi limitato ad affermare che era stato estinto per compensazione.
L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente secondo le disposizioni dell’art. 638 c.p.c.: in seguito, il processo si svolge secondo le norme del rito ordinario, davanti al giudice adito. Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, il decreto che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva.
Se l’opposizione è accolta solo in parte, come nel caso in esame (“in parziale accoglimento dell’opposizione…revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 15749/05 del 23/9/05 di questo Tribunale rg 54526/05;
-condanna l’opponente al pagamento, in favore dell’opposto D.B.P. e a titolo di corrispettivo ancora dovuto per la vendita dei quadri di cui alla scrittura privata del 27/2/01, della complessiva somma di 45.797,67 Euro, oltre agli interessi di mora come meglio indicato in motivazione”), il titolo esecutivo è costituito solo dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta (art. 653 c.p.c.).
Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza vi è la possibilità di revoca del decreto ingiuntivo opposto e di contestuale condanna per la differenza, in quanto sia con il ricorso per decreto ingiuntivo che con la domanda di rigetto dell’opposizione vi è esercizio di un’azione di condanna; quindi non c’è extrapetizione e niente impedisce al giudice, in caso di revoca del decreto ingiuntivo per parziale infondatezza della pretesa azionata in via monitoria, di condannare l’opponente (debitore) al pagamento della differenza accertata come effettivamente dovuta alla data della sentenza (v. anche Cass. 9021/05; Cass. 15186/03; Cass. 15339/00; Cass. 5074/99; Cass. 1656/98).